L’amico di famiglia

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Walter e Clara sono giovani, sono belli, sono pieni di voglia di godere in tutte le maniere possibili. Mi son sempre chiesto come facciano, visto che non invitano nessuno nel loro letto, non offrono a nessuno strane, eccitanti serate. La spiegazione me l’hanno data assieme, dandosi sulla voce per parlare tutti e due per primi: il loro amico dei giochi più intimi, più libidinosi, più perversi, è il vibratore.

Quando Walter torna stanco la sera, Clara col vibratore gli massaggia la schiena, gli riscalda le reni, gli rilassa i muscoli della pancia. E il resto viene da sé: una volta subìto quel trattamento, Walter sente il proprio cazzo alzare la testa, farsi duro e prepotente, e afferra a sua volta l’attrezzo. Clara è sempre preparata all’evenienza, senza mutandine e con la fichetta e il culo abbondantemente unti di vaselina profumata. Ma a volte dimentica di ungersi e lubrificarsi, e Walter gode come un pazzo a spingerle nel culetto refrattario, tra i pianti e le invettive della moglie, il paletto di plastica che ronza e vibra instancabile. Finché le pareti del sederino non cedono, ed il possente attrezzo viene risucchiato dentro.

Allora Clara comincia a smaniare, col ventre pieno di quel cazzo artificiale che vibra tiepido dentro di lei. Smania, e sbava, e afferra il suo maschio e lo bacia e lo morde sulle labbra e sul collo, e gli lecca la schiena, e gli slaccia convulsamente i pantaloni. Gli prende il cazzo fra le labbra, poi lo espelle, perché è già duro ad uno spettacolo come quello che lei offre, e si impala da sola, quasi saltando su lui che si è disteso sulla schiena. E comincia a danzare come una forsennata, sudando e invocando il suo uomo con voce distorta, deformata dalla voglia, su quel turabudella di carne, mentre il vibratore le scava l’ano, le tornisce le pareti del culo, sempre saldamente impugnato da Walter che ne regola la velocità, la profondità e l’inclinazione.

Forse vorrebbero un terzo amico a partecipare alla festa dei loro corpi, ma non sono ancora abbastanza disinibiti per accettare uno che sarebbe comunque un estraneo. Provo a propormi, ma un dolce sorriso ambiguo di Clara me la dice fin troppo lunga sui loro desideri nascosti, e sulle loro reali attività. In effetti l’amico di lattice morbido solo in superficie, all’interno è duro come l’acciaio, è assai più sicuro e affidabile di qualsiasi partner “esterno”. Non crea antagonismi, non crea problemi, basta non mollarlo mai, perché potrebbe inabissarsi nella fregna, ma ancora peggio nel culo di Clara, e allora sarebbero dolori. Ma finora non è mai successo, e la fica di lei, anche quando è asciuttissima e Clara pensa a tutt’altro, sotto la insinuante e spossante carezza meccanica finisce sempre per capitolare, per bagnarsi tutta, per aprirsi vogliosa all’uccello di Walter.

Walter che non da tregua a Clara, neppure mentre la monta con la foga d’un mastino, mentre le stringe e le graffia le chiappe bianche e elastiche, mentre le sussurra all’orecchio le più sconvolgenti oscenità. Neppure allora il fallo a pile riposa, perché una mano di lui lo cerca a tentoni, lo trova sempre e lo ficca senza preavviso fra le chiappe già impegnate nella chiavata frenetica di lei. Clara lo riceve, magari deglutendo e spendendo una lacrimuccia, ma non dice mai di no, non dice mai basta, perché sa che il dolore di un minuto vale il godimento doppio di tutta una chiavata. E così se lo piglia ora nella fica, ora nel culo, ora lascia che Walter glielo accenni appena sul solco fra le natiche arcuate, oppure fra i seni in una spagnola simulata. E sborra alla disperata, come sborra lui, ringraziando in silenzio il più fedele degli amici, il più paziente degli amanti.


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